Forse ho iniziato con il titolo sbagliato. Il fatto che in Cina i problemi vengano risolti è una pura metafora. I problemi si risolvono per lo più da sé, complice il tempo e la pazienza degli astanti.
Università di Pechino, dormitorio studenti internazionali: per una lampadina bruciata si viene fatti spostare in un’altra stanza, per un rubinetto rotto in bagno, invece di chiamare prontamente un idraulico per ripararlo, si staccano le tubature dell’acqua. E tutto in pieno giorno, mica la notte quando magari non trovi l’idraulico o l’elettricista che te lo sistema.
Semplicemente non c’è l’abitudine a prendere i problemi di petto e affrontarli. E con ciò non si riesce nemmeno ad archiviarli una volta sistemati, perché molte cose rimangono sospese incredibilmente a lungo e si accavallano con problematiche nuove, che fidatevi non vengono mai a mancare.
I problemi in dormitorio vengono gestiti allo stesso modo, che siano studenti internazionali o cinesi a viverci (lo dico per esperienza avendo vissuto anche con questi ultimi): con l’unica differenza che loro di solito manco fanno presente il problema, contando appunto che le cose si mettano a posto da sé.
A fine febbraio ci hanno fatto trasferire in un nuovo dormitorio, dove i lavori di ristrutturazione non sono però ancora stati ultimati e dove quasi quotidianamente salta qualcosa per la scarsa qualità delle riparazioni fatte.
Ormai da un mese ha iniziato a fare un caldo infernale e nelle camere sono a lungo mancati i condizionatori. Peggio, non c’era manco l’ombra che si iniziasse presto a montarli. Dopo ripetute lamentele, lo scorso weekend sono arrivate finalmente decine di operai a intasare i corridoi di climatizzatori, mettendosi diligentemente all’opera fin dalle prime ore del mattino (benedetti loro alle 6.30 a trapanare…).
Prima che i brav’uomini si decidessero a concedere anche a me e alla mia coinquilina il lusso di un condizionatore, abbiamo dovuto assistere ad un ripetuto siparietto di persone che più e più volte sono venute ad osservare la “situazione” della nostra camera. Tutto per discutere di ovvietà, come il fatto che il condizionatore in questione non si poteva montare dal lato della presa di corrente, perché oltre quella parete si trova l’ascensore (ancora meravigliosamente in fase di costruzione) e dove non c’è posto per far stare anche il clima. Dopo essersi consultata a fondo con queste profonde osservazioni, la folla si ritira menzionando che la cosa andrà discussa da un superiore e poi si vedrà. Sarà lui a decidere.

A riprova che in Cina i problemi rimbalzano sulle spalle dei più, per finire con il loro peso su quelle dei pochi che hanno effettivamente il potere (o dovere) di decidere. E’ principalmente questo a determinare la loro posizione e a garantir loro una carica più alta all’interno della società: la facoltà di prendere decisioni.
Il condizionatore in questione un paio di giorni dopo è stato effettivamente montato, anche se per dirla tutta in realtà non funziona. Infatti stiamo ancora aspettando che sistemino il tubo esterno (fuori dalla finestra) montandoci l’impianto ventola e colleghino il cavo interno (che penzola sotto) alla dovuta presa di corrente, che invece si trova appunto dalla parte opposta della stanza. Ma questa è solo un’altra storia di ordinaria organizzazione cinese.
Il punto con il risolvere questioni in Cina si incentra tutto sul prendere decisioni: la responsabilità di determinate scelte non vuole essere assunta, si tende a consultarsi sempre e comunque, e ad attribuire eventuali risultati fallimentari a terzi per evitare di perderci la faccia.
Infine un disclaimer: se letto con poca empatia questo breve sunto potrà sembrar voler giudicare facendo di tutte le erbe un fascio, ma così non è. Tuttavia va tenuto conto che ogni cultura ha le sue radici in pilastri talvolta inestricabili: la “faccia” è uno di questi in Cina. Si agisce nel tentativo di mostrare una buona immagine di se stessi agli occhi degli altri e nel rispetto di quella altrui. Per un cinese perdere la faccia in seguito ad una decisione fallimentare costituisce una grave mancanza. Questo modo di agire, quindi la rinuncia per quanto possibile ad assumersi responsabilità, altro non è che un modo per tutelare la propria credibilità agli occhi altrui.
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