Che io da un anno ormai non mangi un gelato come si deve è un fatto.
Già vi vedo tutti ad annuire sull’inimitabilità e la supremazia della cucina italiana. “In Italia si mangia meglio e se vai fuori non è come qua da noi”. Beh, non mi ci sono certo voluti i miei soggiorni all’estero per scoprire che il cibo italiano altrove è diverso. Non si può mica pretendere che abbia lo stesso sapore che se cucinato nella nostra penisola, dove ingredienti/clima/sapienza culinaria italiane sono pronti ad aggiustarne dovutamente il sapore. Ma mentre per pasta e pizza posso anche accontentarmi senza troppe lamentele di qualche imitazione locale, il gelato resta qualcosa per me che ha il suo vero sapore solo in Italia. Tenete a mente questa premessa.
Incontrando italiani all’estero in vari contesti e ricorrenze, mi è capitato di notare quanta attenzione prestino alla cucina secondo tradizione: la pasta va cotta in un certo modo, il sugo preparato coi tali ingredienti e non si sgarra, guai a tagliare gli spaghetti e -buon dio!- niente ketchup o maionese dove non si conviene. Anche io mi comportavo allo stesso modo, anche se l’ho scoperto solo le prime volte in cui mi sono imbattuta in chi di questo “buon senso” culinario, che ci piace chiamare tradizione, obiettivamente non ne sapeva una mazza.
E’ difficile riconoscere un nostro modo di fare finché veniamo a contatto solo “coi nostri simili”: mi sono sentita più italiana all’estero nel difendere l’arte della buona cucina e il “giusto” modo di preparare pasta, pizza o qualsivoglia piatto tipico, che non in Italia dove, avendo tutti pressoché la stessa coscienza culinaria, le cose filano lisce e non si ha alcun bisogno di spiegare le basi.
Se di questa prospettiva mi sono resa conto solamente allontanandomi dal contesto italiano, ho però anche realizzato che era fortemente condivisa, per cui sono convinta che sia davvero qualcosa che ci caratterizza e ci fa sentire uniti nell’importanza del buon cibo, nonché fieri della nostra cultura culinaria.
Proprio qui sta il fulcro della faccenda: noi italiani siamo talmente orgogliosi e fedeli alla nostra idea di cucina, che spesso finiamo con l’essere poco rispettosi della percezione altrui e dei diversi modi di approcciarsi al mangiare. Mi spiego meglio: io riconosco che un gelato e una pizza mangiati in Italia hanno tendenzialmente un gusto più autentico che non all’estero. E proprio per questo non pretendo di trovare le stesse cose altrove, né tanto meno gente con gli stessi gusti.
Vivendo all’estero per qualche tempo ho notato come la gente “giochi” col cibo straniero: chi non ha esperienza di come il tale piatto vada tradizionalmente assaporato, o perché non appartiene alla sua cucina di origine o perché semplicemente non gli è familiare, tende a sperimentare vari modi di mangiarlo, per provare a creare combinazioni di gusto differenti. Sicuramente noi italiani non siamo in grado di gustare la cucina cinese o il cibo giapponese come si conviene, e badate bene che entrambi i paesi hanno una cultura culinaria di tutto rispetto. Ma quando si tratta di cambiare prospettiva mettendo in gioco il nostro piatto tipico e la nostra maniera di cucinare, allora lì ci sentiamo punti sul vivo e sfoderiamo lo sdegno tipico dell’italians-do-it-better. Perché non immaginare che anche un nativo di questi paesi, in Italia, potrebbe magari provare lo stesso sdegno nel vedere il modo in cui ingurgitiamo il riso o quello che ci propinano per cucina orientale?
Voi direte, che c’è di male nel difendere l’essenza della cucina italiana e il valore della tradizione? Diciamo che noto che questo modo di pensare spesso ci limita nell’aprirci ad approcci meno ortodossi verso il cibo: ora, io non mi mangerei una pizza col ketchup, perché lo trovo un cattivissimo abbinamento, ma niente mi vieta di mettere della carne sulla pizza ad esempio. D’accordo, non lo faccio, ma l’ho visto fare e so che viene spacciata per cucina italiana all’estero: di conseguenza, se sono queste le pietanze che vengono offerte, i gusti altrove ci si sono adeguati.
E’ indubbio che siamo nati in un ambiente in cui il cibo ha un valore indiscusso, un tempo e un luogo per goderne, meglio se in compagnia, e un legame con celebrazioni di ogni sorta. Forse è proprio il valore aggiunto che diamo al cibo che ce lo fa sentire così importante e ci fa sdegnare nel vedere gli adattamenti (o le storpiature) apportati nei confronti di pietanze che annoveriamo come parte della nostra tradizione.
Trovo tuttavia che si debba trovare un giusto equilibrio, o perché no, per lo meno sviluppare una certa apertura mentale nei confronti di chi è estraneo al nostro contesto e quindi si rapporta al cibo in maniera differente.
Per questo ho smesso di battermi per un gelato italiano all’estero: piuttosto vado di frutta o altre bevande refrigeranti. Capita anche che, a cercare al di là di ciò che già si conosce, si facciano scoperte interessanti di “cucina” locale 😉